N° 31
(PARTE PRIMA)
PROLOGO
40 secondi durano una vita a volte.
Capitan America entra in un magazzino, probabile sede dell’A.I.M. e lo trova vuoto… a parte un oggetto nel centro della stanza, che brilla in modo strano.
La luminosità si espande sino a coprire tutto il magazzino per poi espandersi in tutta l’area circostante.
La reporter Joy Mercado, che era rimasta svenuta dopo un attacco da parte di una misteriosa aeronave, riapre gli occhi appena in tempo per farsi abbagliare dalla luce più accecante che abbia mai visto.
L’aria si carica di ozono, l’odore permea tutta l’aria. Nulla si muove, il tempo stesso sembra fermarsi.
Per un tempo infinitesimale, ma che a coloro che sono nel suo raggio d'azione sembra quasi eterno, si ode un rumore assordante che supera quasi immediatamente la scala uditiva umana. I vetri si rompono, i metalli si piegano o si liquefanno.
La luce si è dissipata e là dove c’era il magazzino non rimane più niente, solo un’area di terreno bollente con al centro uno scudo circolare bianco, rosso e blu.
1.
New York City. Zona del Porto. Giovedì,
ore 22:40 UTC; 17:40 ora della Costa Orientale.
Meno di
mezz’ora è passata e l’intera zona è stata transennata. Sul luogo, oltre alle forze
di Polizia cittadine ed i paramedici, è immediatamente accorso il personale del
F.B.S.A. unitamente a quello dello S.H.I.E.L.D. e subito hanno preso il comando
delle operazioni. Unità speciali anti radiazioni hanno isolato l’intera area, i
pochi feriti sono stati portati via. Sul luogo sono rimasti solo gli addetti ai
lavori ed un uomo di colore in costume: Falcon. Solo il suo status di
Vendicatore gli ha permesso di restare in zona ed avvicinarsi a coloro che
dirigono le operazioni.
-Allora: cosa diavolo è successo
qui?- chiede, rivolgendosi a Derek Freeman. Il Capo dell’ufficio locale del
F.B.S.A.
-Ci piacerebbe molto saperlo.-
risponde questi –Stiamo ancora cercando di capirci qualcosa… a meno che la
signora qui presente non ne sappia di più.-
La signora
è nientemeno che la Contessa Valentina Allegro De La Fontaine, Vice Direttore
Esecutivo dello S.H.I.E.L.D. e non ha un’aria molto felice.
–La sola cosa sicura…- replica -…è che un’aeronave con le insegne
dell’A.I.M., della fazione guidata da Modok mi dicono, ha lanciato un attacco
ad un magazzino proprio là.- Val indica un’area completamente vuota, a parte un
rettangolo nerastro –Pensiamo fosse un covo dell’A.I.M. … la fazione
maggioritaria guidata dallo Scienziato Supremo, intendo. Poi è accaduto qualcosa…
non siamo sicuri di cosa ed il risultato è stato quello che vedete: niente
magazzino solo terreno bollente e... quello!-
Dentro
una specie di contenitore sterile trasparente campeggia un oggetto circolare:
lo scudo di Capitan America.
-La sola cosa che non è stata
distrutta da… beh qualunque cosa fosse.-
-E Cap? Che ne è di lui?- chiede
ancora Falcon.
-Non è stato trovato. Lo scudo era
la sola cosa intatta nell’area.- risponde Val –Obiezioni se lo prendiamo per
analizzarlo?-
Falcon
riflette per un istante, poi risponde:
-No, se posso essere della
partita. Quell’oggetto è molto prezioso per un sacco di gente.-
-Per me non ci sono problemi:
abbiamo già collaborato in passato, dopotutto.-
-Intendete occuparvi voi d tutta
la faccenda?- chiede Freeman.
-Le organizzazioni come l’A.I.M.
sono sempre state affar nostro.- risponde Val –Sono minacce alla sicurezza
internazionale.-
-Beh che altro posso dirvi, se
non… buona fortuna?-
-Ci servirà anche quella, credo.-
Falcon
non li sta a sentire i suoi pensieri sono rivolti ad un’altra questione: che ne
è stato di Capitan America?
New York City. Howard A. Stark Memorial Hospital. Ore 23:20
UTC, ore 18:20 Costa Orientale.
Joy
Mercado riposa su un lettino del Pronto soccorso, gli occhi coperti da una
benda. L’hanno trovata in stato confusionale vicino al magazzino disintegrato,
cieca, la pelle arrossata come se fosse stata esposta per ore ai raggi del
sole. L’hanno subito soccorsa e portata dove si trova ora, visitata e messa
sotto sedativi.
Nel
corridoio a parlare con un medico troviamo Charlie Snow, Direttore Esecutivo di
Now.
-Come sta dottore?- chiede il
giornalista.
-Ha una lesione del nervo ottico,
provocata dall’esposizione ad una fonte di luce e calore molto intensa.-
risponde l’uomo .L’abbiamo medicata ed ora riposa.-
-Ma… è… voglio dire… rimarrà…-
-Mi sta chiedendo se la lesione è
permanente? È presto per dirlo. Dobbiamo sottoporla a degli esami e poi
aspettare qualche giorno per vedere quanto è estesa la lesione. Ora non so
rispondere.-
Charlie
scuote la testa. Questo non ci voleva proprio. Povera ragazza e pensare che era
appena scampata al pericolo in Slorenia. Ehi, un momento: Jeff Mace doveva
andare a prenderla all’aeroporto. Che fine ha fatto quel ragazzo?
New
York City, laboratori dello S.H.I.E.L.D. Venerdì ore 15:32 UTC, ore 10:32 Costa
Orientale.
I reperti
sono stati attentamente analizzati alla ricerca del più microscopico indizio.
Alla fine Sidney E. Levine, detto Gaffer fa rapporto agli uffici direttivi.
-Dunque?- chiede il Vice Direttore
Esecutivo alle Operazioni “Dum, Dum” Dugan
-C’è poco da dire: è stata usata
una fonte d’energia molto potente che ha letteralmente distrutto ogni singolo
legame atomico di tutta la materia compresa nell’area del magazzino, generando
un’onda di calore concentrata pari a quella di una testata nucleare tattica.-
-Com’è possibile?- esclama
Valentina –Un’esplosione così potente avrebbe dovuto vaporizzare tutto nel
raggio di miglia, per non parlare delle radiazioni.-
-Non è stata un’esplosione.-
replica Gaffer –Non nel senso tecnico del termine, almeno. Ho detto che l’onda
di calore era concentrata perché ha avuto effetto solo sull’area del magazzino
e non si è espansa oltre e non ha rilasciato radiazioni letali. Non chiedetemi
come, però, non saprei cosa rispondere.-
Dum
Dum fissa lo scudo posato su un ripiano e chiede:
-E di quello che mi sai dire?-
-Lo scudo è formato da una lega
unica al mondo, lo sapete.- risponde Gaffer –Nemmeno il suo creatore è mai
riuscito a riprodurla. Qualunque fosse la forma di energia che ha agito sul
magazzino non è riuscita ad intaccarlo. Di fatto è la sola cosa che abbiamo
trovato intatta. Ci sono volute tre ore e diversi trattamenti perché si
raffreddasse abbastanza da poter essere toccato da mani umane.-
-E... il suo possessore? Che ne è
stato di Capitan America?- interviene Val.
-Se aveva in mano lo scudo al
momento del fatto…- ribatte Levine -… posso solo concludere che è stato
vaporizzato insieme a tutto il resto.-
Il
silenzio cala nella stanza. Non è passato molto tempo da che la nazione
americana ed il resto del mondo hanno dovuto affrontare la notizia della morte
di un Capitan America, se è successo ancora… ma no… i supereroi sono difficili
da uccidere, alla fine tornano sempre… giusto?… Giusto?
2.
Cambridge,
Middlesex County, Massachussetts. Venerdì. Ore 16:15 UTC, Ore
11:15 Costa Orientale.
Questa cittadina porta lo stesso nome del centro abitato inglese, che ospita una delle due più prestigiose università britanniche. Come la sua controparte inglese, anche questa Cambridge è sede di una prestigiosa università, anzi di due, perché oltre all’antico e glorioso complesso universitario di Harvard, vecchio di quasi 4 secoli, nella piccola cittadina ha la sua sede anche il più giovane (solo 146 anni di storia) Massachussetts Institute of Technology, che tra i suoi diplomati può vantare gente del calibro di Tony Stark e Reed Richards.
L’uomo
che ora siede in una comoda poltrona nell’ufficio del Decano[1]
della John F. Kennedy School of Government, lo conosciamo bene ormai: il suo nome
è J. William Mace e sino a pochissimo tempo fa era un funzionario del
Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, posizione da cui si è dimesso per
motivi che ora non hanno interesse per noi. Il suo motivo per essere qui è
semplice: cerca un lavoro e l’ha trovato.
-Siamo lieti di averla con noi
Dott. Mace.- gli sta dicendo il Decano –Un uomo col suo curriculum è
decisamente prezioso. Può cominciare il suo corso sulle Relazioni
Internazionali già dalla settimana prossima, se lo desidera.-
-Non chiedo di meglio.- risponde
Will.
Esce
dall’ufficio del Decano abbastanza soddisfatto di se: pensa che se la caverà
bene come insegnante e di sicuro avrà orari migliori di prima e potrà stare più
vicino alla famiglia. Sua moglie Dorothy ne sarà sicuramente soddisfatta. Sarà
come un nuovo inizio per tutti loro.
New Haven County, Connecticut. Venerdì,
ore 16:40 UTC, ore 11:40 Costa Orientale.
Un altro
luogo, un’altra scuola. La Lee Academy non ha certo la storia ed il prestigio
di Harvard, ma l’uomo biondo con gli occhiali che vi insegna Storia dell’Arte è
piuttosto soddisfatto di insegnare qui. Il nome dell’uomo è Steve Rogers, lo
stesso nome di un altro giovane uomo che ha insegnato in quella stessa scuola,
quando si chiamava semplicemente Lee High School, oltre 50 anni fa. Se qualcuno si prendesse il disturbo di
consultare i vecchi annuari scolastici, potrebbe fare delle scoperte
interessanti. Per esempio: che il Professor Steve Rogers che insegnò alla Lee
High School dal 1953 al tardo 1954 era identico all’attuale Steve Rogers
compresi lo stile della pettinatura e la montatura degli occhiali; che quel professor Rogers scomparve verso la
fine dell’estate 1954; che nello stesso periodo scomparve anche un alunno di 13 anni, Jack Monroe, e che entrambi
furono dichiarati morti da inchieste abbastanza superficiali. Se poi questo
qualcuno fosse particolarmente attento, potrebbe anche porre in relazione la
scomparsa di questi due anonimi cittadini del Connecticut con quella
contemporanea di altri due ben più famosi personaggi della stessa età: Capitan
America e Bucky, i leggendari combattenti per la libertà che per pochi mesi
erano tornati in azione lanciandosi in una campagna anti spie comuniste che li
aveva portati non solo a scontrarsi con il perfido Teschio Rosso, ora al servizio del KGB, ma anche con una
manciata di bizzarri agenti sovietici più o meno dotati di superpoteri. Cosa
concluderebbe il nostro ipotetico investigatore? Forse liquiderebbe la cosa
come una serie di coincidenze… forse. Ma non è di questo che c’interessiamo
oggi, no oggi seguiamo il nostro Prof. Rogers, che ha appena finito di parlare
con un gruppo di alunni e si dirige verso il parco della scuola, sperando di
potersi riposare sotto un albero o qualcosa di simile, quando le sue orecchie
colgono un brano di un notiziario da una Tv nella sala dei professori.
<<… e per quanto non ci
siano conferme, continuano le voci per cui sul luogo del disastro sarebbe stato
rinvenuto lo scudo di Capitan America, ma nessuna traccia dell’eroe. Se ciò
fosse vero, allora vuol dire che anche questo Capitan America è morto?>>
Steve
si ferma. Non può essere, si dice, non il ragazzo, non ancora una volta. Deve fare qualcosa, ma cosa?
Falls Church, Virginia. Sede del
Navy J.A.G. Venerdì. Ore 17:01 UTC, ore 12:01 Costa Orientale.
Il Capitano dei Marines Elizabeth Mary Mace solleva la testa dalle carte che sta esaminando e si rivolge al giovane uomo di colore in divisa della Marina che sta in piedi di fronte a lei
-Che cosa hai detto?- chiede.
-Non hai sentito il notiziario?-
ripete il Tenente Martin Luther King Mitchell –Dicono che un magazzino è stato
vaporizzato nei docks di New York, una donna è rimasta accecata e pare che
Capitan America sia scomparso lasciandosi dietro il suo scudo.-
-Scomparso? Intendi dire forse…-
-Non voglio dire niente. Sono solo
voci non conformate dalle autorità.-
Jeff
scomparso? Lizzie sente il suo respiro mozzarsi, solo il suo addestramento
militare, unito a quello molto particolare che ha ricevuto sin da bambina le
permettono di controllare i suoi sentimenti così che nessuno si accorga di ciò
che prova. Lei e Martin condividono un segreto: sono entrambi nipoti di due
avventurieri mascherati degli anni 40 e sono affiliati al misterioso
Battaglione V. Lizzie non è affatto
sicura di quanto Martin sappia di lei e soprattutto di suo fratello Jeff. Forse
sa che è Capitan America o forse no. Di sicuro non intende essere lei a
dirglielo. Ora, però, deve sapere cosa sta succedendo e c’è solo una persona a
cui chiedere.
3.
New York
City. Un appartamento nell’Upper West Side di Manhattan. Sabato Ore 02:35 UTC.
Venerdì. Ore 21:35. Ora della Costa Orientale.
La signora
è decisamente molto arrabbiata e quando Valentina Allegro De la Fontaine è
arrabbiata è meglio correre nei rifugi anti atomici.
-Come sarebbe a dire che non
sapete com’è successo? Voglio il nome del colpevole e lo voglio subito, è
chiaro?-
Val
spegne il cellulare e si volta verso l’uomo con lei. Paul Hamilton, direttore
del Daily Express che le chiede:
-Ancora quella storia della fuga
di notizie?-
-Certo. Era impossibile tener
nascosta la disintegrazione di un magazzino nel porto di New York, ma speravamo
almeno di evitare che si parlasse della sparizione di Capitan America,
considerato che non ne sappiamo nulla nemmeno noi. Qualcuno, però, ha parlato
della faccenda dello scudo ai giornalisti e se trovo quel figlio di…-
-Non hai paura che pensino che sia
stata tu a parlare… voglio dire… a causa mia?-
-No, lo sanno tutti che non
parlerei mai di cose di lavoro con un giornalista anche se ci vado a letto.
Scusa la franchezza.-
-Figurati. Comunque, non potrei
aiutarti nemmeno se lo volessi, Nemmeno io so chi ha diffuso la notizia e poi,
che importanza ha ormai? Il danno è fatto.-
-Voglio solo trovare il colpevole e cuocerlo a fuoco lento, tutto qui. Ora che ne diresti di lasciar perdere e dedicarci a qualcosa di più piacevole per passare il tempo?-
-Sei una donna davvero notevole, lo sai Val?-
-Sono perfettamente consapevole di tutti i miei talenti, Mr. Hamilton.- risponde Val mentre si slaccia il vestito e lo lascia cadere a terra.
New York City, Brooklyn Heights
Appartamento di Jeff Mace. Sabato. Ore 13:00 UTC. Ore 08:00 Ora della
Costa Orientale.
Lizzie
Mace entra nell’appartamento di suo fratello. Non indossa la sua divisa,
darebbe troppo nell’occhio ed è bene passare il più inosservati possibile,
visto quel che vuole fare. Nessuno l’ha vista ed è meglio così, meno
spiegazioni ci sono da dare e meglio è. Entrata nell’appartamento si guarda
intorno. Nessun segno di suo fratello. Di sicuro non è rientrato per la notte
e, diciamocelo francamente, la cosa a questo punto è preoccupante. Non è morto,
non può esserlo, lei lo sentirebbe, giusto? Non può permettersi di pensarci,
deve essere ottimista. Apre la valigetta e contempla quel che c’è all’interno
in un doppio fondo appena aperto anch’esso: è quel che voleva, quindi perché
esita adesso? Forse perché sa che una volta intrapresa quella strada non avrà
modo di tornare indietro? Scuote la testa e poi comincia a slacciarsi la
camicetta.
Da
qualche parte sopra i cieli degli Stati Uniti. Navicella di Modok. Sabato Ore
13:41 UTC. Ora locale sconosciuta.
L’essere
chiamato Modok si sposta sulla sua poltrona semovente a reazione lungo tutto il
perimetro della navicella. Il suo prigioniero, il Maggiore Libertà gli si
rivolge con tono sprezzante:
-Sei preoccupato testa grossa?-
-Bada a te sciocco imbandierato.-
replica stizzito Modok –Potrei ucciderti facilmente con le mie scariche o,
meglio ancora, infliggerti tanto di quel dolore da farti desiderare la morte.-
-Oh si, potresti farlo.- ribatte
Sean McIntyre sogghignando –Ma non cambierebbe il fatto che il tuo avversario
ti ha battuto e alla grande.
-Silenzio!-
Una
scarica mentale di Modok coglie il Maggiore Libertà facendogli dolere
contemporaneamente tutte le terminazioni nervose. Un dolore che nei successivi
10 secondi aumenta in maniera esponenziale. Con uno sforzo gigantesco di
volontà l’uomo riesce a non urlare e questo causa a Modok ulteriore
frustrazione.
Il
grottesco essere si allontana rimuginando chissà quali pensieri e non si avvede
che la sua vittima alza la testa e si concede un lieve sorriso.
4.
New York City. Harlem. Il
tetto del palazzo dell’Ufficio del Senatore di Stato Sam Wilson. Sabato Ore
15:19 UTC. Ore 10:19 Ora della Costa Orientale.
Il falco di nome Redwing vola senza esitare, sino a
posarsi sulla spalla del supereroe chiamato Falcon, che piega la testa quasi ad
ascoltare qualcosa che l’animale ha da dirgli, poi dice:
-Bravo Redwing... e tu puoi uscire
adesso, ragazza.-
Da
dietro un comignolo ecco spuntare una figura femminile inguainata in un costume
il cui design è praticamente identico a quello di Capitan America, a parte una
breve scollatura che culmina nella punta superiore della stella sul petto e
maschera che lascia scoperti i capelli ed in cui la A è più ridotta.
-Qual è il tuo nome?- le chiede
Falcon –Il tuo nome da eroina intendo e non dirmi Capitan America. È ancora
impegnato per quel che mi riguarda.-
-Puoi… puoi chiamarmi… American Dream.- risponde lei.
-Sogno Americano? Beh, in effetti,
non sarebbero pochi quelli che vorrebbero sognarti, ragazza, americani o meno.-
-Ehi io…-
-Su, non te la prendere. Era solo
una battuta non una molestia sessuale, dopotutto. Se sei troppo sensibile
questo lavoro non fa per te. Dunque cerchi notizie di Cap, giusto? Beh anch’io
e lo crederò morto solo quando avrò visto il suo cadavere e forse neanche
allora.-
-Allora siamo in due. Hai idea di
dove cominciare?-
-Non molte… a parte che… Tutto
questo casino nasce da una faida interna tra due fazioni dell’A.I.M.-
-Quella di Modok e quella dello
Scienziato Supremo, lo so.-
-Hai fatto bene i compiti, vedo.
Beh, per come la vedo io: se Cap non è stato vaporizzato come pensano i
cervelloni dello S.H.I.E.L.D. allora vuol dire che una delle due fazioni lo ha
rapito.-
-E lo scudo? Perché non
l’avrebbero preso?-
-Buona domanda. Forse non ci sono
riusciti o l’hanno fatto apposta per far proprio credere alla sua morte. Quelli
dell’A.I.M. non sono scemi: hanno tentato varie volte di replicare lo scudo
senza riuscirci. Sanno che è fatica sprecata.-
-E quindi a noi cosa rimane da
fare adesso?-
-Solo aspettare. Ho sparso la voce
che avevo scoperto la vera identità dello Scienziato Supremo ed ho scommesso
che un’informazione simile sarebbe arrivata alle orecchie giuste. Sono certo
che sia lo Scienziato Supremo che Modok sanno che mento, ma non possono
trascurare la possibilità che sappia davvero quel che dico, quindi vedrai che
si faranno vivi. –
-Ecco perché sei qui in bella
vista, stai facendo il bersaglio vivente.-
-Complimenti ragazza. Ci hai
azzeccato ed ora…-
In
quel momento Redwing emette un verso acuto e Falcon mormora:
-Ci siamo, bella. Ora vedremo se
vali abbastanza per quel costume.-
Richmond, Virginia. Commonwealth University Medical
Center. Sabato Ore 16:25 UTC. Ore 11:25 Costa orientale.
È strano come le prospettive possano cambiare. Quando
è arrivata a Richmond, Sharon Carter era o si sentiva una specie di morta che
cammina, morta dove contava veramente: nell’anima. Nonostante gli sforzi degli
psichiatri e psicologi dello S.H.I.E.L.D. nulla era riuscita a scuoterla, poi
era arrivata quella telefonata e lei si era ritrovata al capezzale di una
bambina, vittima di un incidente automobilistico in cui era morta tutta la sua
famiglia. Una bambina che sembra lei stessa quando aveva quattro anni e che
lotta per la vita da allora. Hanno chiamato lei perché c’era scritto di farlo
in caso d’emergenza. E perché no? Dopotutto lei è l’unica parente rimasta in
vita. Il primo istinto di Sharon sarebbe stato scappare, non aprire il suo
cuore, ad un nuovo dolore, ma qualcosa di più forte di lei l’aveva dissuasa,
l’aveva spinta a tornare ancora ed ancora a sostare presso il lettino sperando
in un miracolo, mentre qualcosa dentro di lei cominciava a sciogliersi. Solo
tre giorni prima, dopo quasi una vita, era entrata in una chiesa. Era rimasta
in silenzio nell’ombra per tanto tempo, nemmeno lei sapeva quanto, e poi era
uscita, rendendosi conto di non saper nemmeno pregare o piangere, di essere
vuota, arida.
Il
medico le ha appena detto qualcosa? Cosa?
-Cosa ha detto, scusi?- chiede.
-Ho detto che è incredibile.-
ripete il medico –Solo una settimana fa le sue condizioni erano critiche: non
aveva speranze di uscire dal come e... beh stava morendo per dirla tutta. Ora,
invece, il suo organismo sta reagendo e lo fa a sempre maggior velocità. Il suo
sistema immunitario lavora a pieno regime ora e lei sta… guarendo. Non ho mai
visto niente di simile. Se non abbiamo a che fare con una mutante, non potrei
chiamarlo altrimenti che un miracolo.-
Un
miracolo, si… o qualcos’altro, ma dopotutto è una specie di miracolo lo stesso,
no? Sharon abbassa la testa e dopo un istante sente un sapore salto sulle
labbra. Lacrime? Possibile? E quest’insana voglia di ridere?
-Davvero si rimetterà dottore?-
chiede ancora.
-Beh, non posso garantire che si
riprenderà al 100%. Probabilmente ci vorrà tempo ed una dura ed intensa riabilitazione dopo che sarà uscita dal
coma, ma con le capacità di recupero che sta dimostrando, credo che il peggio
sia passato.-
In
quel momento il comunicatore di Sharon, squilla.
-Si?- chiede sbrigativa.
<<Supervisore Carter. Sono
l’Agente Simmons. Abbiamo un allarme A1 a Clairton.>>
Clairton,
un nome che le ricorda qualcosa di cui ha letto tempo fa quando era un’altra
Sharon Carter. Quella cittadina era stata l’epicentro di qualcosa… qualcosa di
molto pericoloso, ma cosa? Avrà tempo di verificarlo sui files in seguito, ora
non ha scelta.
-Allertare il Reparto Alpha.-
ordina secca –In assetto da battaglia tra 15 minuti.-
Sharon
Interrompe la comunicazione e si volge verso la bambina che ora le sembra più
serena. Aghi e respiratore non sembrano più araldi di sventura adesso.
-A presto piccola Shannon.-
mormora ed esce dalla stanza.
New York City. Harlem. Il
tetto del palazzo dell’Ufficio del Senatore di Stato Sam Wilson. Sabato Ore
15:23 UTC. Ore 10:23 Ora della Costa Orientale.
A
volte hai più di quel che chiedi: a Falcon bastava un solo reparto dell’A.I.M.
ma a giudicare dalle divise sono arrivati sia gli uomini di Modok, quelli in
blu, che quelli dello Scienziato Supremo, nel tradizionale giallo. Sembrano
decisi a farsi fuori gli uni con gli
altri e lui e la ragazza sono presi nel mezzo.
-Sembra che il tuo piano abbia
funzionato meglio del previsto.- mormora American Dream.
-Non sei molto spiritosa, sai?-
replica Falcon. -Pronta a combattere, mi raccomando.
Il
capo dei “Gialli” parla con voce stentorea
-Voi traditori fatevi da parte o
dovremo uccidervi. Falcon è nostro prigioniero.-
-Fatevi da parte voi.- replica il
capo dei “Blu!”. -Abbiamo l’ordine di portare Falcon da Modok e lo faremo.-
-Ehi, non è carino far tutto senza
chiedere il nostro consenso. Voi gente dell’A.I.M. non sapete come si tratta
una signora.- interviene Lizzie Mace.
Le
due fazioni dell’A.I.M. la guardano come se la vedessero per la prima volta.
-E tu chi sei?- chiede il capo dei
Blu –Capitan America che ha cambiato sesso?-
-O forse è sua sorella o la sua
ragazza.- incalza il capo dei Gialli –Sia come sia, tra poco sarà morta.-
-Ma che razza di dialoghi
cretini.- interviene Falcon –Ma ve li insegnano all’Accademia dell’A.I.M.? Beh
non importa. Prendili Redwing!-
Il
falco si muove rapidissimo gettandosi contro gli sgherri, che istintivamente
cercano di proteggersi, dimenticando per un attimo di indossare un’uniforme
superaccessoriata. Del momento approfitta American Dream per premere un
pulsante nascosto del suo guanto destro ed azionare uno scudo fotonico, lo
stesso che Capitan America usò per qualche tempo quando il suo scudo originale
andò perduto,[2] poi prende
un lungo respiro e si getta nella mischia.
Qualche
tempo dopo i due protagonisti la descriveranno come una bella mischia. Per ora
sono troppo occupati a restare vivi ed abbattere loro avversari.
Lizzie
Mace ha provato questo scenario decine di volte. Non ha mai fatto la
supereroina, ma è stata addestrata dai migliori, ha superato anche il durissimo
addestramento dei Marines. Conosce quasi tutte le tecniche del combattimento
corpo a corpo, ma non ha mai avuto modo di metterle in pratica in una vera
situazione di vita o di morte. Ha sempre sostenuto che sarebbe stata un Capitan
America migliore di suo fratello, ora è il momento di dimostrarlo sul serio. I
suoi avversari scoprono a loro spese che la ragazza è un vero ciclone. Non
riescono a colpirla grazie al suo scudo ed alla sua agilità, mentre lei si
muove rapidissima e li scompagina. A pugni, calci e mosse di varie arti
marziali. È come se avesse una carica di adrenalina. In seguito rifletterà
sulle sensazioni che ora prova e riconoscerà un misto di paura, esaltazione ed
eccitazione… e distrazione quasi fatale.
Nel
momento in cui uno sgherro di Modok sta per colpirla alle spalle, è Redwing a
salvarla, piombandogli addosso e facendogli cadere il fucile con gli artigli,
poi ci pensa Falcon a stenderlo.
-Prima regola, ragazza: guardarsi
sempre le spalle, io non ci sarò a proteggerti sempre.-
-Me lo ricorderò Maestro Yoda.-
replica la ragazza sorridendo, poi si guarda intorno ed esclama -Ma… è finita?-
-Così pare. Questi tizi dell’A.I.M.
se la cavano meglio in un laboratorio che in uno scontro corpo a corpo. Non
sono molto pericolosi anche se... Attenta!-
Un
ultimo membro dell’A.I.M. uno di quelli gialli, si è alzato ed ha puntato la
sua arma contro American Dream. La ragazza agisce d’istinto, fa una doppia
capriola all’indietro e colpisce l’avversario coi piedi uniti abbattendolo.
-Stavi dicendo?-
-Che non bisogna sottovalutarli lo
stesso. Beh ora vediamo se qualcuno di questi tizi sa qualcosa di utile.-
In
quel momento ecco arrivare una navicella dai colori familiari ed una voce dice
da un altoparlante:
<<Tutti fermi. Questa è
un’operazione S.H.I.E.L.D.>>
-Che perfetto tempismo.- commenta
sarcastico Falcon.
5.
Da qualche parte in orbita geostazionaria sopra la Terra, a bordo dell’Eliveicolo dello S.H.I.E.L.D. Sabato Ore 16:11 UTC. Ora locale sconosciuta.
Il
Direttore della Sede American dello S.H.I.E.L.D. George Washington Bridge si
rivolge a Falcon ed alla sua accompagnatrice con toni secchi e duri:
-È da quando è scoppiato tutto il
casino che stiamo indagando sapete? Non ci fa piacere che esista un’arma in
grado di vaporizzare settori limitati senza toccare quello che ci sta intorno,
un’arma che emette energia praticamente non radioattiva e forse quasi infinita. Non abbiamo bisogno
dell’intervento di dilettanti.-
-Dilettanti, Bridge?- replica
Falcon –Devo ricordarti, forse, che io sono un Vendicatore e che ho tirato
fuori dai guai voi dello S.H.I.E.L.D. più volte di quanto a Fury piacerebbe
ammettere?-
-Ok, ok forse mi sono espresso
male, magari ti chiederò anche scusa una dei prossimi decenni, ma adesso ho
cose più importanti di cui occuparmi… per esempio l’interrogatorio di quei tizi
che avete catturato tu e Miss America qui presente.
-Mi chiamo American Dream.-
replica Lizzie Mace –Miss America è un'altra.-[3]
-Ok, ok, non facciamone un dramma
ragazza. Oh eccoci nella sala interrogatori.-
I
prigionieri sono legati a delle poltrone con dei caschi in testa.
-Cosa gli state facendo? Chiede
Lizzie.
-Stiamo usando la nostra divisione
ESP per estrarre direttamente le informazioni
dal loro cervello.- risponde Bridge.
-Uhm, non sono sicura che sia una
procedura legittima, viola il loro diritto alla non autoincriminazione.-
-E che sei, una specie di
avvocato? Qui non c’interessano i processi, ma le informazioni vitali, tipo:
cos’è quell’arma? E dov’è Capitan America, sempre che sia ancora vivo? A
giudicare dal tuo costume presumo t’interessi.-
-Certo, ma non credo di
approvare…- American Dream s’interrompe di colpo. Un ronzio persistente la
avvisa di una chiamata al suo cellulare -Scusate ho, ehm, una chiamata
privata.-
-Puoi andare in quella stanza.-
dice Bridge –Ed ora se becco il cretino che non ha attivato le schermature
delle comunicazioni…-
Rimasta
sola American Dream attiva lo speciale apparecchio incorporato nel suo costume.
<<Mi scusi se la disturbo
nel suo giorno libero, Capitano…>> è la voce del suo superiore il Maggior
Generale dei Marines Arthur Sevier << … ma si è verificata un’emergenza:
deve recarsi immediatamente a Roanoke in Virginia e presentarsi a rapporto
dall’Ammiraglio Henry H. Nelson, che è a capo di una speciale Task Force dei
Servizi di Sicurezza.>>
Vale a
dire D.I.A.[4]
o N.I.S.[5],
pensa Lizzie, più probabilmente la prima.
-Ora signore? Di sabato?- prova a
replicare Lizzie –Non può mandare qualcun altro? Il tenente Mitchell potrebbe
…-
<<Non è una richiesta,
capitano, è un ordine. L’ammiraglio Nelson ha chiesto espressamente di lei… non
mi chieda perché, non si è disturbato a dirmelo. Mi aspetto che lei sia Roanoke
oggi pomeriggio in piena efficienza.>>
-Io… ci sarò signore.-
Ci
mancava anche questa. Sembra che dovrà rimandare la ricerca di suo fratello,
almeno per un pò, ma appena questa faccenda in Virginia sarà finita, tornerà ad
occuparsene a costo di dare le dimissioni. Ora deve solo trovare un passaggio
per Roanoke e prima ancora recuperare la sua divisa.
Clairton,
Virginia. Piazza principale. Sabato Ore 18:04 UTC, Ore 11:04 ora della Costa
Orientale.
Sharon Carter sbarca per prima dal velivolo S.H.I.E.L.D. proveniente da Richmond, capitale di quello stesso Stato.
-Questa città sembra vuota.-
commenta un agente.
-Più che vuota.- aggiunge un altro
–C’è una strana atmosfera… come in quel telefilm, come si chiamava?-
-X-Files?- chiede una terza agente
stringendo nervosamente il fucile.
-Anche, ma io pensavo a quella
serie degli anni sessanta “Ai confini della realtà”.-
Sharon
non lo ammetterebbe mai, ma anche lei prova la stessa inquietante sensazione di
nervosismo strisciante. Non si vede nessuno, ma lei si sente come se mille
occhi alieni la stessero osservando. Niente “Ai confini della realtà”, un
incubo lovecraftiano, piuttosto.
-Vado a fare un giro esplorativo…
da sola.-
-Da sola? Ma signora…- prova a
replicare il vice comandante della spedizione.
:-Ho detto da sola e niente
discussioni: non sa riconoscere un ordine quando ne sente uno?-
-No signora… volevo dire: si
signora.-
-Molto bene, se non torno entro
mezz’ora date per scontato che io sia morta e regolatevi di conseguenza.-
Senza
dare ai suoi sottoposti il tempo di replicare Sharon si avvia per le vie
deserte di Clairton verso una delle più pericolose esperienze della sua vita.
In
un luogo ignoto. Una Base dell’A.I.M. Giovedì, ore 22:08 UTC; 17:08 ora
della Costa Orientale.
L’ultima cosa che ricorda è un lampo accecante ed
un’intensa sensazione di calore, lo scudo che gli sfugge dalle mani e la
sensazione di venir lacerato, come se forze opposte cercassero di tirarlo
contemporaneamente in tutte le direzioni, poi eccolo qui, dovunque sia qui, con
una sensazione di nausea che sale dalla bocca dello stomaco.
-Benvenuto tra noi Capitan
America.-
Con
uno sforzo supremo l’uomo nel costume bianco rosso e blu apre gli occhi e
scopre di trovarsi in una specie di tubo. Davanti a lui uomini e donne nella
familiare tuta dell’A.I.M. specie uno, che ora si rivolge di nuovo a lui:
-Io sono lo Scienziato Supremo
dell’A.I.M. e tu… sei nostro prigioniero… o cavia, se preferisci.-
Fine
anche di questa storia e via subito con le note.
1) Cominciamo
dal fondo. Ok, nessuno ha creduto davvero alla morte di Cap, ma ora cosa gli
accadrà? Lo scopriremo solo… leggendo il prossimo episodio. -_^
2) Anche
Lizzie Mace è una supereroina adesso, nella tradizione di quasi tutta la
famiglia. Ebbene sì, ha davvero realizzato il suo… sogno americano, speriamo
che non diventi il suo incubo. E non è finita qui: aspettare di vedere Bucky.
(Sto scherzando, vero? Sto scherzando. -_^)
3) American
Dream, l’alias usato da Lizzie Mace, altro non è che l’identità mascherata che
nel futuro denominato MC2 (quello, per intenderci, di Spider Girl) assumerà la
giovane Shannon Carter, parente delle più famose Sharon e Peggy. Chiamatelo un
omaggio, se volete
4) Curiosamente
(ma davvero? -_^) Shannon è anche il nome della piccola somigliante a Sharon
che giace, almeno per il momento in coma in un ospedale di Richmond, che ci sia
un collegamento? (Che domanda stupida, vero? -_^)
5) Con
quest’episodio la continuity di Capitan America si ricollega a quella dei
Difensori. Per la precisione: Sharon Carter ed i suoi agenti dello S.H.I.E.L.D.
continuano le loro vicende in Difensori
45/49 e Lizzie Mace/American Dream si reca al suo appuntamento con l’Ammiraglio
Nelson in Difensori #46, per poi trovarsi coinvolta nelle vicende di Clairton
in Difensori #47/50. Entrambe le donne le ritroveremo, poi, nel prossimo
episodio, pronte per riprendere le fila delle loro vite
Nel
prossimo episodio: Cap Prigioniero dell’A.I.M. solo e senza scudo. Potrà
cavarsela? Un consiglio: non scommettete contro di lui. -_^ Nel frattempo,
proseguono le manovre dello Scienziato Supremo e di Modok, ma American Dream e
Falcon non resteranno con le mani in mano e nemmeno il Maggiore Libertà. Non vi
promettiamo botte da orbi, ma vi consigliamo lo stesso di esserci.